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Channel: Elvis Lucchese – La Terra del Rugby – Veneto blog
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Come Casale sul Sile ispirò il capolavoro del teatro neozelandese

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Rappresentato per la prima volta nel 1980 e ritenuto la prima opera teatrale autenticamente nazionale, “Foreskin’s Lament” divenne un caso di forza dirompente nella Nuova Zelanda del tempo, allora una società alla periferia geografica e culturale del mondo e dal carattere ancora orgogliosamente rurale. La pièce lanciò la carriera del suo giovane autore, Greg McGee, affermatosi nel tempo come scrittore e sceneggiatore ed oggi figura intellettuale fra le più stimate del paese.

Foreskin’s Lament è ambientato nello spogliatoio di una squadra di rugby e mette in scena il contrasto fra i valori conservatori della Nuova Zelanda profonda (che nella rudezza e nel machismo del rugby trovavano legittimazione) e il desiderio di rinnovamento e di apertura al mondo dei giovani universitari: semplificando, il conflitto generazionale del ’68 europeo che approdava con onda lunga nelle lontane isole del Pacifico.

Con l’opera di McGee nei teatri, nel 1981 scoppia la vicenda che divide la società neozelandese e ne segna definitivamente la storia. C’entra nuovamente il rugby, poiché la scintilla delle proteste è il tour degli Springboks, la Nazionale alfiere dell’apartheid sudafricano. Sullo sfondo la lotta per i diritti civili dei maori. McGee, rugbista di buon livello ma impegnato fra gli attivisti anti-tour, compie un gesto quasi sacrilego come bruciare la maglia degli All Blacks. I sudafricani disputeranno le principali partite previste, ma in un clima di tensione che la Nuova Zelanda non aveva mai conosciuto.

A fornire a McGee materiale e ispirazione per la pièce d’esordio non poteva che essere la sua vita sportiva. Ed ecco che entra in scena Casale sul Sile e i suoi Caimani, nelle file dei quali il neozelandese aveva disputato la stagione 1976/77 in serie A, culminata con una miracolosa salvezza agli spareggi. Un’esperienza italiana controversa ma raccontata con sentito affetto da McGee nell’autobiografico “Tall Tales (Some True)”, che peraltro vede in copertina una foto storica dell’autore in maglia Gasparello assieme a Raffaello “Rifi” Bottazzo e Flavio Favotto.

«Arrivare a Casale nel 1976 fu, per certi versi, come arrivare a casa», ci spiega da Auckland McGee, che recentemente ha firmato un best-seller mondiale, l’appassionante biografia del capitano degli All Blacks Richie McCaw, oltre a gialli di successo in patria con lo pseudonimo Alix Bosco, «sono nato e cresciuto a Oamaru, una cittadina dell’Isola del Sud che ho lasciato a 17 anni per andare all’Università di Otago a Dunedin. L’unico rugby che avevo conosciuto da adulto era stato quello della squadra dell’Università, che a quel tempo era eterogenea e piuttosto “radicale” per la realtà neozelandese. Io ero un anticonformista e portavo i capelli lunghi, ma questo non mi impedì di divenire comunque il capitano di Otago. La squadra insomma non somigliava a quella del club di Oamaru dove avevo giocato, ne’ tantomeno a quella squadra di una piccola città che è al centro di Foreskin’s Lament. Il Gasparello Casale era invece molto più la squadra della mia opera teatrale rispetto alle altre nelle quali avevo giocato da adulto. Non avevo conosciuto un’altra realtà in cui il paese avesse una squadra e in cui i risultati della squadra fossero così importanti per l’intero paese».

«Avevo promesso che sarei passato da Casale per salutare prima di lasciare l’Europa, così nel 1978 tornai da Londra e ci fu un’enorme festa nel bar di Piero (Pietro Cappelletto, ndr), che mi lasciò stordito dalla sbronza e con il bisogno di riposare un po’. Andai in Sardegna in un paesino chiamato Fertilia dove i pescatori, emigrati al tempo di Mussolini, cantavano ancora canzoni veneziane che riconoscevo. Lì cominciai a scrivere Foreskin’s Lament, con l’esperienza di Casale ancora forte dentro di me. E stavo pensando a Casale scrivendo uno dei passaggi fondamentali dell’opera, quando l’allenatore dice a Foreskin, “The town is the team!”, la città è la squadra!»

Senso di appartenenza e desiderio di riscatto della provincia, quindi: la forza dello sport della palla ovale anche in Veneto, soprattutto nei piccoli centri. McGee parla della scoperta di un linguaggio universale. «Ad affascinarmi molto fu il fatto che le dinamiche interne di una squadra di rugby fossero simili indipendentemente da quale angolo del mondo ci si trovasse. I piloni sono piloni, fisicamente e psicologicamente, siano italiani o neozelandesi; quelli che giocano ala credono sempre di essere belli; i mediani di mischia sono dei piccolini sfacciati che parlano troppo, le aperture si considerano super cool… Fu incredibile per me viaggiare dall’altra parte della terra e scoprire così tante cose che mi erano familiari, e che avrei potuto usare nella mia opera».

Il locale dei Cappelletto su via Trento e Trieste, luogo di ritrovo per giocatori e appassionati, resta un punto di riferimento anche per i molti neozelandesi – alcuni dall’illustre pedigree – che hanno vestito la maglia del Casale. E in occasione dei viaggi italiani McGee non manca di passare per il bar per un saluto.

«Le esperienze di Casale fanno parte di me. Gli anni Settanta erano una stagione molto politica in Italia e da questo punto di vista ero forse più naïf di quanto avrei dovuto essere a 25 anni. Ho imparato molto e ricordo sempre i miei amici da “lassù”. Il mio ultimo romanzo, “The Antipodeans”, parla di italiani e neozelandesi, gente da due estremi opposti del mondo che però hanno molte cose in comune».


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