Nel rugby francese si parla di fourchette quando, magari nel bel mezzo di una ruck, qualche ruvido signore prova ad intimidire un avversario mettendogli le dita negli occhi. Ed è cuilliere quando a un difensore riesce il salvataggio in extremis, con la punta delle dita sul piede del fuggitivo, ciò che poi noi chiamiamo “francesina”.
Una bella sventola, un placcaggio ben assestato? La patate. La criminale “baea-omo”? Patate chaude. Tanto per dire quanto tavolate imbandite e campi di rugby siano universi di senso ben apparentati.
Mangiare (e bere, naturalmente) è una parte essenziale della cultura della palla ovale, essenziale perché è attorno al banchetto che nascono amicizie e si trasformano in positive vibrations tutte le energie impiegate nello scontro sul terreno di gioco.
E sono numerosi i rugbisti coinvolti professionalmente nel mondo del cibo: ancora, non a caso.
Sbagli raramente frequentando questi indirizzi. Nei locali dove trovi la gente di rugby si mangia bene. Ma soprattutto non mancheranno mai i sorrisi.
Una piccola guida veneta di questi luoghi “La terra del rugby” vorrebbe proporla, in più puntate e in ordine sparso e anche se forse alla fine rimarrà qualcosa di incompiuto. I consigli (magari attraverso la pagina facebook) sono bene accetti, a patto che nel locale stiano insieme piatti ovali e palle ovali. Tre indirizzi per cominciare, dunque, apprezzati per la cucina e – non guasta – per la location.
Se è vero che il rugbista è spesso un carnivoro appassionato, un autentico tempio della carne è Ca’ Landello a Noventa di Piave, a due minuti dal casello autostradale ma allo stesso tempo incastonata nel gradevole paesaggio dei vigneti dell’azienda agricola Sutto, negli spazi di una tipica casa colonica.
Nel menu domina la tradizione veneta (per dire, pasta e fagioli coi sossoi), con la concessione a qualche misurato e riuscito spunto di innovazione. Popolarissime anche le merende-aperitivo.
Per accompagnare griglia e spiedo i vini sono appunto quelli dell’etichetta Sutto, che significa non solo i classici doc del Piave ma anche Prosecco e Collio.
Con grande attenzione e professionalità Ca’ Landello è gestito dalla famiglia De Marchi in attesa dell’approdo in cucina di Alberto, pilone che ha vestito le maglie di San Donà, Treviso, Sale Sharks, più l’azzurro dell’Italia. Formatosi all’alberghiero, De Marchi fra gli amici ha già una discreta reputazione di cuoco. Inutile dire che il locale è regolarmente scenario di pantagrueliche serate con i rugbisti della zona, gli aneddoti si sprecano…
E intanto poco lontano, nella centrale piazza Indipendenza a San Donà, c’è un’altra famiglia di piloni dietro il bancone del Bar Borsa. Giochi l’Eccellenza o il Pro12 o ormai anche il Sei Nazioni, qui di sabato si fa il tifo per Luca e Matteo Zanusso (nella foto in alto di Ottavia Da Re).
A Padova l’indirizzo del cuoco-pilone è Villa Vanna a Salboro, dove ha trovato sede l’Osteria XV della Colonna. L’anima del locale è Sandro Marchetto, alle spalle 12 stagioni e 6 scudetti con la maglia del Petrarca quando il rugby era, in mischia e nelle ruck, una battaglia senza esclusione di colpi.
Ma in sostegno c’è anche il figlio Giovanni, tallonatore l’anno scorso nelle file dell’Aquila e ora di nuovo con i tuttineri.
Sandro Marchetto ha fatto la gavetta da Gino Gasparini della storica Colonna di via Altinate, tana del rugby padovano negli anni Ottanta-Novanta e anche luogo di nascita di una gloriosa selezione impegnata in match di beneficenza.
I Marchetto – c’è anche Marta – offrono un menu semplice ma di sicura affidabilità, e con il giusto rapporto fra qualità e prezzo. Un’osteria come un’osteria deve essere, senza voli pindarici: e’ un po’ quella concretezza tipica di chi gioca in mischia. Petrarchini di varie generazioni si danno spesso appuntamento sotto i bei portici dell’edificio ottocentesco. Gustose memorabilia alle pareti.
Infilando l’autostrada A31 fino all’uscita finale di Piovene Rocchette, si approda rapidamente ad un buen retiro nel cuore della valle dell’Astico, il ristorante Granpasso di Velo.
La gestione è della famiglia Menegante al gran completo, con l’esperienza di Piero a guidare la cucina. Qui il rugbista è Carlo, braccia rubate alla mischia e regalate ai trequarti, ex Valdagno e Cus Padova; e l’indirizzo è ben noto nell’ambiente della palla ovale bassanese e vicentina.
Al Granpasso si respira l’amore per il territorio e per la tradizione, al quale il menu si richiama sia attraverso i classici (il baccalà, il macafame dolce antico e “povero”) sia nelle offerte che rispecchiano la stagionalità (come le interessantissime erette di campo in primavera), sia ancora nelle riscoperte a km zero come le trote dell’Astico e il tartufo di Velo. Scelti con attenzione nella regione anche i vini.
Il ristorante è all’interno di quella che fu la stazione dei treni di Velo d’Astico, restaurate e ampliata con buon gusto. La dismessa linea ferroviaria Piovene Rocchette-Arsiero, che taglia la valle e fu voluta per servire le industrie tessili Rossi, si offre per un gradevole passeggiata, anche in bici.
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