Certi soprannomi dicono tutto. Quello che Corniel Van Zyl ha portato con sé fin da Nelspruit (ex Transvaal, oggi Mpumalanga) è “Cernal”: così suona in afrikaans il grado militare di “colonnello”. E infatti quello che ispira la personalità del sudafricano è un certo senso di rispetto e di fiducia, come accade per chi sa porsi naturalmente come un leader.
Contribuiscono certo i 202 centimetri di statura, ma più ancora lo stile dell’uomo, cioè la serietà, la dedizione, e insieme la disciplina, la lucidità nei momenti cruciali. Nel Benetton Van Zyl si è imposto come leader fin dal suo arrivo, otto stagioni fa.
Munari e Smith lo prelevarono dai Cheetahs, con i quali aveva vinto tre Currie Cup; era ad un passo dagli Springboks, dove però il ruolo di seconda linea era monopolizzato da due monumenti come Victor Matfield e Bakkies Botha.
Fortuna per Treviso (e, in parte, per l’Italia). Van Zyl è stato protagonista nell’era Celtic, orchestrando la touche biancoverde con competenze specifiche di allenatore, oltre che in campo da saltatore.
Qualità che indussero Nick Mallett a convocare il compatriota per il Mondiale 2011 in Nuova Zelanda, anche se poi l’esperienza azzurra si fermò a soli 7 caps. Qualità per le quali Franco Smith ha rivoluto al suo fianco Van Zyl – 36enne e già deciso a chiudere con il rugby giocato – nella nuova avventura dei Cheetahs, come assistente per gli avanti.
Dopo 162 partite in maglia biancoverde, 7 mete, 3 soli cartellini gialli, dopo tante prove di sostanza nel cuore del pack ed anche un prestigioso passaggio nei Barbarians, Cernal, il colonnello biancoverde, uscirà sabato prossimo per l’ultima volta dagli spogliatoi di Monigo.
«Sarà una emozione grandissima, anzi tante emozioni insieme», spiega, «otto anni sono passati velocissimi, ma sono stati un pezzo di vita importante. Come giocatore, ma non solo: io e Donna ci siamo sposati due settimane dopo il nostro arrivo a Treviso, le nostre due figlie sono nate per caso in Sud Africa, perché era estate, ma portano nomi italiani, Chiara e Giada. Mamma mia, l’Italia e il Benetton ci mancheranno fin dal primo giorno a Bloemfontein».
Tdr. Un bilancio sportivo di otto stagioni in biancoverde.
Cernal. «Il Benetton è cambiato molto, abbiamo vissuto anche dei periodi di grande difficoltà, sia all’inizio ai tempi del Super 10, quando Franco Smith era appena arrivato, sia negli ultimi due anni. Ci siamo levati delle grandissime soddisfazioni: ricordo quando battemmo il Perpignan in Heineken Cup, un risultato che sembrava impossibile per una squadra italiana».
«Ma poi ancora la vittoria sul Biarritz, o più recentemente il pari a Belfast segnando 29 punti e il successo sul Munster del 2013, con 5 mete senza i nostri nazionali. Ho visto un bel cambiamento di mentalità. Anche nei periodi più duri la squadra ha lottato, è sempre uscita a testa alta. E diversi giocatori hanno saputo lavorare e crescere, facendo il salto di qualità da “normali” a giocatori di livello internazionale».
Tdr. Cosa manca al rugby italiano per essere competitivo?
Cernal. «Mancano, secondo me, delle strutture più organizzate. Soprattutto delle strutture che aiutino i ragazzi più giovani a crescere, ad avere un punto di arrivo in cui credere. Treviso ha tutto per diventare un grande club, ma nelle ultime stagioni c’è stata molta incertezza sul futuro, mentre la programmazione deve essere a lungo termine».
«Credo anche che al rugby italiano servirebbero meno giocatori stranieri e più allenatori stranieri. Ovviamente, bravi allenatori. Il giocatore straniero è un esempio che può far crescere gli altri giocatori, soprattutto del suo ruolo, ma l’allenatore ha un’influenza maggiore. Un buon coach fa cambiare la mentalità, fa crescere tutto il gruppo».
Tdr. E la sua carriera di allenatore comincia fra poche settimane…
Cernal. «E’ stata un po’ una coincidenza fortunata. Franco Smith mi aveva parlato di un ruolo come assistente in futuro, poi è successo che Os Du Randt ha deciso di lasciare i Cheetahs con un anno di anticipo e quindi da metà giugno inizierà l’avventura. Sono entusiasta, ma so anche che è tutto da costruire e che, mamma mia, sarà davvero una stagione dura».
Tdr. Che Benetton lascia?
Cernal. «E’ una squadra che migliora e che continua a lottare, anche in una stagione così difficile come questa. Nelle ultime partite non c’erano particolari obiettivi, ma i ragazzi si sono impegnati, si sono sacrificati, e l’hanno fatto solo per la maglia che vestono».
(foto Rita Grosso e Marco Sartori)
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