A Twickenham, il 2 gennaio 1982, Inghilterra e Australia si sfidavano nell’ennesima edizione della pepata rivalità sportiva fra madrepatria e colonia, fra poms e aussies. All’intervallo le due squadre erano raggruppate ai due lati del campo, come si usava allora, quando il pubblico dello stadio londinese iniziò a rumoreggiare. Compiendo un gesto quasi sacrilego il mediano di mischia dell’Inghilterra Steve Smith interruppe con una risata il discorso del suo capitano, la leggenda Bill Beaumont.
Ma quanto stava succedendo sarebbe passato alla storia come il più celebre degli streaking visti nei campi di rugby di tutto il mondo, dove comunque questa avventura goliardica era (e rimane) ampiamente e gioiosamente praticata. La ragazza che solcava il verde prato di Twickenham mettendo in mostra le sue procaci forme, inseguita da un paio di steward, si chiamava Erika Roe. Aveva ventiquattro anni e faceva la commessa in una libreria di Petersfield.
La sua corsa si concluse pochi minuti dopo, quando Erika fu raggiunta da un poliziotto che la fermò pieno di imbarazzo, tentando di coprirle il seno alla bell’e meglio con il suo cappello da bobby. «Ero allo stadio con mia sorella e alcuni amici, accadde tutto in un attimo, un attimo di follia che tuttora non so spiegarmi», racconta oggi, a distanza di 33 anni dall’episodio.
Lo streaking di fronte ai 60mila di Twickenham – e a qualche milione di spettatori della diretta BBC – diede ad Erika Roe una inattesa e scomoda celebrità. Per anni Erika è stata la ragazza della porta accanto sognata da gran parte dei rugbisti inglesi, ma anche la vittima di volgari attenzioni e un personaggio pubblico spesso attaccato polemicamente, ad esempio dal movimento femminista.
Una volta svanito l’iniziale interesse per lo show-business, la Roe ha ricercato l’anonimato e condotto una ordinaria vita lontano dai riflettori, e in gran parte lontano anche dall’Inghilterra gestendo con la famiglia una fattoria in Portogallo.
Ha voluto far parlare nuovamente di sé solo oggi, spogliandosi nuovamente. Ma il calendario che la ritrae è davvero qualcosa di molto particolare. E la sua storia è di coraggio, libertà, dignità. Di rispetto per il proprio corpo, poiché Erika Roe non è più la pin-up ventenne ricercata dalle riviste del 1982, quando comunque si rifiutò sempre di posare nuda, ma una donna che ha attraversato intensamente i suoi 56 anni. Senza l’aiuto di plastiche e botox.
Le foto del calendario sono firmate dalla figlia Imogen e il suo intento è sensibilizzare attorno al problema del tumore al seno. L’attenzione dei media inglesi dimostra che c’è ancora un’intera generazione che ricorda Erika Roe. «Nel 2011 a causa di questa malattia ho perso mia sorella Jessie, aveva 43 anni ed è stata una terribile tragedia per la nostra famiglia», ha raccontato in una bella intervista che si può leggere a questo link.
«Si tratta di qualcosa di genetico, io effettuo periodicamente lo screening. Ed ecco perché sono qui: per sottolineare quanto importante sia sottoporsi ai controlli. La malattia di Jessie fu scoperta troppo tardi. Molte donne non effettuano gli esami, non conoscono il proprio corpo. C’è ancora una specie di imbarazzo e questo è terribile».
«Il calendario? A molti non piacerà, lo so. Ma credo ci sia bisogno che l’immagine femminile sia rappresentata anche da donne della mia età, con i segni della vita che hanno vissuto, e non solo dalle fotografie ritoccate di corpi perfetti alle quali ormai siamo abituati». Anche il mondo del rugby si è mobilitato, e fra i primi a garantire il proprio sostegno è stato… Bill Beaumont. Info in againstbreastcancer.org.uk e erikaroe.com.
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